Il Silenzio nell’Induismo

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Nell’Induismo il silenzio spiritualmente motivato viene definito con l’espressione mauna e, ovviamente, non ha nulla a che vedere con il silenzio motivato da emozioni negative, quali la timidezza, la rabbia o l’indifferenza.

Il mauna ha diversi livelli: vak mauna (semplice rinuncia a parlare), kashta mauna (rinuncia a qualsiasi forma di comunicazione), maha mauna (cancellazione delle attività mentali). Il mauna può essere praticato per brevi periodi o per tutta la vita e ha sempre lo stesso scopo: il raggiungimento del silenzio interiore, la pace della mente, il riposo nell’assoluto.

Lo yoga ricerca l’Uno, il Sé individuale divino. Esso è presente all’interno di ogni uomo e la sua scoperta è legata alla possibilità di immergersi profondamente al proprio interno.

L’uomo è costituito da cinque kosha (o involucri): il corpo fisico (annamayakosha), l’energia vitale (pranamayakosha), la mente (manomayakosha), l’intelletto (vijnanamayakosha) e la beatitudine (anandamayakosha). All’interno dei cinque kosha risiede il Sé (atma) uguale al supremo Sé (paratma).
Secondo la dottrina yoga, come mirabilmente descritto da Patanjali nel suo trattato “yoga-sutra”, oltre la materia e al mondo fenomenico, esistono altri piani e livelli di realtà, più sottili, più veri ed estesi, immortali.

Riducendo al silenzio i kosha, ovverossia trascendendoli, l’uomo raggiunge il samadhi, riposa nel Sé. La ricerca dell’equilibrio si basa sul riconoscimento del ritmo della vita fondato sul bilanciamento degli opposti: inspirazione-espirazione; sonno-veglia; parlare-tacere. L’uno non può fare a meno dell’altro; la qualità dell’uno influenza e determina la qualità dell’altro. Trovare un ritmo sano e benefico è lo scopo della ricerca e del cammino verso una piena coscienza di sé.
E’ abbastanza evidente che siamo portati più a parlare che a stare in silenzio. Socrate affermava che dovremmo comunicare con gli altri solo se le nostre parole rispecchiano la pura verità, bontà e bellezza e se siano di sicura utilità. Risulta del tutto evidente che se sottoponessimo ciò che stiamo per dire a questi tre vagli, molto spesso, decideremmo di tacere.

Molti maestri spirituali sottolineano come il molto parlare indebolisca la capacità di concentrazione e di meditazione, renda la respirazione superficiale ed irregolare e finisca col “bruciare” energie e provocare stanchezza.

Il mauna indirizza l’energia della parola in ojas (energia spirituale). E’ importante crearsi oasi di silenzio e di riposo della mente, pur non trascurando i nostri obblighi di comunicazione con l’esterno.

Non dobbiamo imporci il silenzio, ma abituarci gradualmente a scoprirne i benefici. Riuscire a restare in silenzio presenta anche una positiva ricaduta sul sociale. In molte occasioni, parlando meno, possiamo ascoltare e, quindi, capire molto meglio noi stessi e gli altri.

L’esercizio del silenzio consapevole praticato in coppie, in gruppo, o in comunità numerose, può riservare momenti di straordinaria scoperta di piani ed energie nuove, quali un senso di libertà, di pace e di riposo simili a quelli che proviamo quando passeggiamo da soli nella natura o in silenzio svolgiamo semplici attività quotidiane.

Ciò che in noi parla incessantemente è l’Ego. Il sé supremo è eternamente silenzioso. L’ego è travolgente e travolto dai ritmi incalzanti della vita materiale e pratica. Solo nel silenzio del corpo e della mente giace la condizione del riposo profondo nel Sé.

FONTE : https://didomizioalex.wordpress.com/il-silenzio-nellinduismo/

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