La Rinascita

La Rinascita

La teoria della rinascita è antica quasi quanto il pensiero stesso, e la sua origine è sconosciuta. Noi possiamo, a seconda delle nostre convinzioni pregresse, accettarla come frutto di una antica esperienza psicologica sempre rinnovabile e verificabile, e quindi vera, oppure non liquidarla come dogma filosofico e teoria ingegnosa, ma in entrambi i casi la dottrina, anche se è, con tutta evidenza, tanto antica quanto il pensiero umano stesso, è suscettibile di resistere fino a quando l’essere umano continuerà a pensare.

Anticamente la dottrina era conosciuta in Europa con il grottesco nome di trasmigrazione, che la associava nella mente occidentale con l’immagine comica dell’anima di Pitagora che migrava, come uno strano uccello di passo dalla umana forma divina nel corpo di un porcellino d’India o di un asino.
L’apprezzamento filosofico della teoria si espresse nell’ammirevole ma difficilmente padroneggiabile parola greca metempsicosis, che indica il reincarnarsi in un nuovo corpo da parte di una medesima individualità psichica. La lingua greca riesce a coniugare sempre felicemente pensiero e parola, e non poteva trovare un’espressione migliore; ma nella forzata traduzione inglese la parola diventa semplicemente lunga e pedante e senza serbare niente del suo sottile significato in greco, per cui deve essere abbandonata. "Reincarnazione" è adesso il termine comunemente usato, ma la parola rende un’idea soltanto grossolana o esteriore del fatto, suscitando perciò molti interrogativi. Io preferisco rebir", poiché il termine rende il senso del termine sanscrito, ampio e oggettivo, e tuttavia adeguato, punarjanma, "nascere di nuovo", che ci trasmette soltanto l’idea fondamentale che è l’essenza e la vita della dottrina.
Rebirth (rinascita) è per la mente moderna niente più che una speculazione teorica; non è mai stata provata dalla scienza moderna in modo tale da soddisfare la nuova mente critica, educata alla cultura scientifica. E d’altro canto non se ne è mai dimostrata la falsità, poiché la scienza moderna non sa niente di una possibile vita anteriore o posteriore dell’anima umana; in realtà essa non sa niente dell’anima né nulla può saperne, poiché i suoi confini sono il corpo, il cervello, i nervi, l’embrione, la sua formazione e il suo sviluppo. Né la critica moderna dispone di alcun apparato tramite il quale la verità o la falsità della rinascita possa essere stabilita. In realtà la critica moderna, con tutte le sue pretese di investigazione scrupolosa e di certezze affidabili, non è una buona cercatrice della verità. Al di fuori della sfera di ciò che è immediatamente fisico essa è praticamente impotente: riesce a scoprire bene i dati, ma solo laddove i dati stessi abbiano già in se stessi la loro conclusione; non può in nessun modo essere sicura delle generalizzazioni che, a partire da questi dati, afferma con grande certezza nel corso di una generazione, per poi rinnegarle in quella successiva. Non può in alcun modo provare con certezza la verità o la falsità di un’asserzione storica incerta, e dopo un secolo di dispute non è stata neppure capace di dirci se Gesù Cristo sia o no esistito.

Come potrebbe quindi trattare un problema come la rinascita che appartiene alla psicologia e deve essere trattato secondo l’evidenza psicologica piuttosto che quella fisica ? Le prove che di solito vengono portate dai sostenitori e dagli oppositori sono spesso deboli o insignificanti; anche quelle più plausibili sono insufficienti a provare o confutare qualunque cosa. Un argomento spesso sostenuto in modo vincente nella confutazione è che noi non ricordiamo le nostre vite passate e quindi non ci sono vite passate.

Fa sorridere un tale ragionamento fatto molto seriamente da chi pensa di essere qualcosa di più di un bambino intellettuale. L’argomentazione procede su  base psicologica e tuttavia ignora la vera natura della nostra memoria ordinaria o fisica, che è tutto ciò che l’uomo ordinario può adoperare. Quanto ricordiamo delle nostre vite presenti, quelle che stiamo senza dubbio vivendo al momento ? La nostra memoria è di norma buona riguardo agli avvenimenti a noi vicini, ma diventa più vaga o meno precisa quando comincia ad allontanarsi dall’attualità; se si va ancora più indietro si ricordano soltanto alcuni punti salienti, infine – per quanto riguarda l’origine delle nostre vite – si cade in un vuoto assoluto.

Ricordiamo forse anche semplicemente di esser stati dei bambini sul petto di nostra madre ? E tuttavia quel momento dell’infanzia era – non soltanto nelle teorie buddiste – parte della nostra vita e appartiene allo stesso individuo che non riesce a ricordarlo allo stesso modo in cui non ricorda le vite passate. Tuttavia noi pretendiamo che questa memoria fisica – la memoria del rozzo cervello di un uomo che non riesce a ricordare la sua infanzia e ha perduto così tanto dei suoi primi anni – ricordi ciò che c’era prima dell’infanzia, prima della nascita, prima che essa stessa si formasse. E se non ci riesce dobbiamo dire: "la teoria della reincarnazione si dimostra falsa". La pretenziosa insipienza del nostro comune ragionamento umano non potrebbe mostrarsi meglio che in questo genere di argomentazioni. Ovviamente le nostre vite passate, sia come fatto che come stato o nei loro eventi ed immagini, possono essere ricordati soltanto da una memoria psichica il cui risveglio va oltre i limiti del fisico e risveglia impressioni ben diverse da quelle registrate dai movimenti cerebrali fisici sull’essere fisico.
Anche se avessimo la prova della memoria fisica delle vite passate o di un tale risveglio psichico, dubito comunque che la suddetta teoria verrebbe considerata dimostrata.

Oggi noi abbiamo molti di questi esempi sostenuti con sicurezza, sebbene senza quell’apparato di evidenza verificata e scrupolosamente presa in esame che dà peso ai risultati della ricerca scientifica; lo scettico li considererà sempre come mera finzione ed immaginazione, a meno che non siano confermati da una solida base di evidenza. Persino se i fatti sostenuti fossero dimostrati veri, c’è la possibilità di affermare che non si tratta davvero di ricordi ma di fatti noti alla persona che li sostiene tramite semplici mezzi fisici o che gli sono stati suggeriti da altri e vengono contrabbandati per memorie di reincarnazione o ingannando consapevolmente gli altri o per via di un auto–inganno e auto–allucinazione. 
Anche supponendo che l’evidenza fosse troppo forte e non suscettibile di obiezioni, così da non poter essere sospettata degli inganni suddetti, si potrebbe non accettarla come prova di reincarnazione, e la mente potrebbe escogitare un centinaio di spiegazioni teoriche per questi fatti.
Il pensiero e la ricerca moderna hanno introdotto questo dubbio riguardante tutte le teorie e le generalizzazioni psichiche.

Sappiamo ad esempio che riguardo al fenomeno della scrittura automatica o della comunicazione da parte dei morti si discute se il fenomeno provenga dall’esterno, da menti disincarnate o dall’interno, dalla coscienza subliminale; o se la comunicazione sia reale e provenga direttamente dalla personalità disincarnata, o sia il risalire in superficie di una impressione telepatica che proveniva dalla mente della persona allora in vita, ma rimasta nel profondo della nostra mente subliminale. Lo stesso genere di dubbio può essere opposto alle prove della memoria di reincarnazione. Si potrebbe sostenere che esse dimostrano il potere di una certa misteriosa facoltà in noi, una coscienza che può avere una conoscenza inesplicabile di eventi passati, ma che questi eventi potrebbero appartenere a personalità diverse dalla nostra e che l’attribuzione che ne facciamo alla nostra personalità in vite passate è una immaginazione, un’allucinazione o un esempio di quell’auto–appropriazione di cose ed esperienze percepite ma non nostre, che è uno dei fenomeni comprovati di errore mentale. Molto potrebbe essere dimostrato dall’abbondanza di tali prove, ma non per lo scettico e tanto meno a rinascita.

Certamente, se esse fossero sufficientemente ampie, esatte, dettagliate, precise, creerebbero un’atmosfera che alla fine condurrebbe ad una generale accettazione della teoria da parte della specie umana come certezza morale.
Ma la prova è una cosa diversa.
Dopotutto la maggior parte delle cose che accettiamo come verità sono in fondo niente più che certezze morali. Noi abbiamo la ferma convinzione che la terra ruoti sul suo asse, ma – come è stato sottolineato da un grande matematico francese – la cosa non è mai stata provata, è soltanto una teoria che spiega certi fenomeni osservabili, niente di più. Chissà che essa non possa essere sostituita a breve da una teoria migliore o peggiore ? Tutti i fenomeni astronomici conosciuti venivano spiegati bene tramite le teorie delle sfere e non so cos’altro, prima che Galileo venisse fuori con il suo "Eppur si muove…" disturbando l’infallibilità del papa e della Bibbia, la scienza e la logica dei dotti. Si può certamente pensare che altre ammirevoli teorie potrebbero essere inventate per spiegare la gravitazione se la nostra mente non fosse già pregiudizialmente convinta dalle precedenti teorie di Newton().

Questo l’atavico limite della nostra ragione, poiché essa parte dall’ignoranza, dal non sapere, e ha a che fare con infinite possibilità: le spiegazioni possibili di ogni fenomeno – finché non sappiamo permanete cosa sta dietro di esso – sono infinite. In definitiva noi conosciamo veramente soltanto ciò che osserviamo e anche questo è soggetto ad un dubbio angosciante, per esempio se il verde sia davvero verde e il bianco davvero bianco, per quanto sembri che il colore non sia colore, ma qualcos’altro che crea la sua apparenza. Oltre il fatto osservabile dobbiamo contentarci di una logica ragionevolmente soddisfacente, probabilità dominante e certezza morale. Almeno finché non abbiamo il buon senso di osservare che ci sono in noi facoltà più alte della ragione dipendente dai sensi e che aspettano uno sviluppo per mezzo del quale possiamo arrivare a certezze più grandi. 

Per quanto riguarda la teoria della rinascita, non possiamo realisticamente sostenere in contrapposizione allo scettico una tale probabilità dominante o una tale certezza. L’evidenza esterna disponibile è rudimentale. Pitagora fu uno dei più grandi saggi, ma il suo asserire di aver combattuto a Troia col nome di Antenoride e di essere stato ucciso dal figlio più giovane di Atreo è soltanto un’asserzione e il suo riconoscere lo scudo troiano non convincerà nessuno che non sia già realmente convinto; le prove odierne non sono in alcun modo convincenti di quella di Pitagora. In assenza di una prova esteriore, che è la sola definitiva per i nostri intelletti sensitivi governati dalla materia, abbiamo l’argomentazione dei reincarnazionisti, i quali sostengono che la loro teoria spiega tutto meglio di qualunque altra. La pretesa è giusta, ma non dà alcuna certezza. La teoria della rinascita, associata con quella del karma ci dà una semplice, simmetrica, bella spiegazione delle cose; ma anche la teoria delle sfere ci dava una semplice, simmetrica, bella spiegazione dei movimenti celesti. Tuttavia abbiamo adesso un’altra spiegazione, molto più complessa, molto più gotica e incerta nella sua simmetria, un ordine inesplicabile che si evolve da infiniti caotici, che noi accettiamo come la verità delle cose (). E tuttavia, se vogliamo soltanto pensare, ci renderemo conto forse che anche questa non è l’intera verità, c’è dietro molto di più che non abbiamo ancora scoperto. E quindi la semplicità, la simmetria, la bellezza, l’adeguatezza della teoria della reincarnazione non è garanzia della sua certezza.

Se entriamo nei dettagli l’incertezza cresce. La rinascita spiega ad esempio il fenomeno del genio, facoltà innata, e molti altri misteri psicologici. Ma poi arriva la scienza a spiegare tutto tramite l’ereditarietà – sebbene, come quella della reincarnazione, anche questa teoria sia soddisfacente soltanto per coloro che già ci credono. Senza dubbio le pretese della teoria dell’ereditarietà sono state esagerate in maniera assurda: essa è riuscita a spiegare molto, non tutto della nostra composizione fisica, del nostro temperamento, delle nostre peculiarità vitali. Il suo tentativo di spiegare il genio, le facoltà innate e altri fenomeni psicologici di tipo più alto è un pretenzioso fallimento. Questo può essere dovuto al fatto che la scienza non conosce nulla di fondamentale circa la nostra psicologia, non più di quanto gli astronomi primitivi sapessero della costituzione e delle leggi degli astri, i cui movimenti tuttavia essi osservarono con sufficiente precisione. Non credo che neanche quando la scienza conoscerà più e meglio essa sarà in grado di spiegare queste cose tramite l’ereditarietà, ma lo scienziato potrà sostenere di essere soltanto all’inizio della sua ricerca e dire che la generalizzazione che ha dato conto di così tante cose potrebbe dar conto di tutto; e dirà che in ogni caso la sua ipotesi era fondata su prove dimostrabili più di quanto non lo fosse la teoria della reincarnazione.

Tuttavia, la tesi del reincarnazionista è sinora una tesi valida e degna di rispetto, sebbene non definitiva. Ma ce n’è un’altra avanzata con più clamore che mi sembra fare il paio con il ragionamento opposto dell’assenza di memoria, almeno nella forma in cui viene di solito avanzato per convincere le menti poco mature.  l’argomento etico, per mezzo del quale si tenta di giustificare le vie di Dio con il mondo o il modo in cui va il mondo. Si pensa che ci debba essere un governo morale del mondo, o almeno una qualche ricompensa nel cosmo per la virtù e una qualche punizione per il peccato. Ma nel nostro incerto e caotico mondo terrestre non sembra esserci una tale sanzione. Vediamo infatti che il buono è oppresso dalle miserie mentre il cattivo prospera e non viene miseramente schiacciato alla fine. Ora questo è intollerabile, è una crudele anomalia che ci induce ad una riflessione sulla giustizia e la saggezza divine ed è quasi la prova che Dio non esiste; dobbiamo porvi rimedio e se Dio non c’è dobbiamo avere delle altre ricompense per la giustizia.

Come sarebbe confortante se potessimo stabilire chi è buono, e persino quanto – non dovrebbe infatti essere il Supremo un ragioniere preciso e affidabile? – giudicandolo in base alla quantità di burro che riesce a mettere nello stomaco, al numero di rupie che può depositare in banca e alla fortuna che lo assiste. E come sarebbe confortante anche se potessimo additare il cattivo smascherato e gridargli: "Tu sei cattivo: se infatti non lo fossi potresti forse, in un mondo governato da Dio, o almeno dal Bene, essere così miserabile, affamato, sfortunato, perseguitato dal dolore, non onorato dagli uomini? La tua cattiveria è dimostrata dal fatto che sei povero, la giustizia di Dio si compie". Poiché per fortuna l’intelligenza suprema è più saggia e più nobile dell’infantilismo dell’uomo, questo è semplicemente impossibile. Ma c’è un altro modo !  possibile che, se l’uomo buono non è abbastanza fortunato, non possiede abbastanza burro e rupie, egli potrebbe in realtà essere un cattivo che sconta le sue pene – ma un cattivo nella sua vita passata che adesso ha preso un nuovo corso; e se invece un uomo cattivo prospera nel mondo è per via del fatto che è stato buono in una vita passata, il santo di allora essendosi adesso convertito al culto del peccato, forse perché aveva sperimentato la vanità temporale della virtù.

Tutto viene spiegato, tutto viene giustificato. Noi soffriamo per i peccati commessi in un altro corpo, verremo ricompensati in un altro corpo per le nostre virtù attuali, e così andremo avanti all’infinito. Nessuna meraviglia che i filosofi abbiano trovato tutto questo assurdo e proposto come rimedio il liberarsi sia dalla virtù che dal vizio, vedendo come il bene più grande quello di poter in qualche modo sfuggire ad un mondo così assurdo.
Ovviamente questo schema delle cose è soltanto una variazione della vecchia concezione della minaccia e promessa spirituale e materiale, la promessa di un paradiso di gioia per i buoni e la minaccia di un inferno di fuoco eterno e di torture per i cattivi. L’idea della Legge che regola il mondo come dispensatrice di ricompense e punizioni va insieme all’idea dell’essere supremo come giudice, "padre" e maestro che sempre ricompensa con caramelle i bravi bambini mentre punisce con la bacchetta quelli cattivi.
 anche vicino al barbaro e insipiente sistema di punizione, talvolta selvaggio e sempre degradante, riguardo alle offese sociali, su cui è fondata una società umana ancora incapace di trovare e organizzare un sistema più soddisfacente.
L’uomo insiste continuamente sul rendere Dio a sua immagine, invece di cercare di rendere se stesso sempre più ad immagine di Dio, e tutte queste idee sono il riflesso del bambino, del selvaggio, dell’animale che è in noi, che ancora non siamo riusciti a trasformare o a sviluppare.

Dovremmo meravigliarci di come queste fantasie infantili siano state riprese da religioni filosoficamente profonde come il Buddismo e l’Induismo, se non fosse chiaro che gli uomini non si negheranno il vezzo di trasportare i detriti del loro passato sin nei più profondi pensieri dei loro saggi.

Non c’è dubbio che, dato il rilievo di queste idee, esse debbano aver avuto la loro utilità nell’educazione dell’umanità. Forse è vero che il Supremo tratta l’anima bambina adattandosi al suo infantilismo e le permette di mantenere le sue immagini corporee di paradiso e inferno per qualche tempo, anche dopo la morte del copro fisico.


Forse anche queste idee di dopo–morte e rinascita come occasioni di punizione e ricompensa erano necessarie perché si adattavano alla nostra animalità semi–mentalizzata. Ma a un certo punto il sistema cessa di essere efficace: gli uomini credono nel paradiso e nell’inferno, ma vanno avanti peccando allegramente, affrancati alla fine dall’indulgenza papale o dall’assoluzione finale di un prete, o dal pentimento sul letto di morte on da un bagno nel Gange, o da una morte santa a Benares: sono questi gli accorgimenti infantili per mezzo dei quali sfuggiamo al nostro infantilismo.

Alla fine la mente cresce e mette da parte con disprezzo l’intero armamentario da asilo infantile. La teoria della rinascita come ricompensa e punizione, in termini un po’ più elevati e meno crudamente sensazionali, risulta inefficace. Ed è bene che sia così, poiché è intollerabile che l’uomo con la sua capacità divina continui ad essere virtuoso ai fini di una ricompensa ed eviti il peccato soltanto per paura.  preferibile un forte peccatore ad un virtuoso codardo ed egoista, o a un meschino patteggiatore con Dio, c’è più divinità in lui, più capacità di elevazione. In verità, ha detto bene la Ghita: "Anime povere e misere sono quelle che pensano ed agiscono solo in base a quello che ne ricavano". Ed è inconcepibile pretendere di fondare il sistema di questo mondo vasto e maestoso su queste motivazioni così grette e meschine.
C’è una motivo di verità in queste teorie?  solo la ragione del bambino infantile. C’è un’etica, ma è soltanto l’etica del fango. Il vero fondamento della teoria della rinascita è l’evoluzione dell’anima, o piuttosto il suo riaffiorare dal velo della materia e il suo graduale ritrovarsi.


Il Buddismo conteneva questa verità nella sua teoria del Karma e dell’emersione dal karma, ma non è riuscito a farla emergere l’Induismo la conosceva anticamente, ma ha sbagliato nel formularla. Ora noi siamo nuovamente in grado di riformulare l’antica verità in un nuovo linguaggio e questo già viene fatto da alcune scuole di pensiero, sebbene le antiche incrostazioni tendano ancora ad attaccarsi ad una saggezza più profonda. E se questo graduale riemergere è vero, allora la teoria della rinascita è una necessità intellettuale, un corollario logicamente inevitabile. Ma qual è lo scopo di questa evoluzione ?

Non la virtù convenzionale o interessata ed il preciso conteggio del bene, nella speranza di una ricompensa materiale proporzionata, ma la crescita continua verso una conoscenza, amore e purezza divine. Queste cose soltanto sono la virtù reale e questa virtù è la sua stessa ricompensa. L’unica vera ricompensa degli atti di amore è crescere nella capacità e nella delizia dell’amore fino all’estasi dell’abbraccio universale dello spirito e della passione universale; l’unica ricompensa delle opere di giusta Conoscenza è il crescere all’infinito nella Luce infinita, l’unica ricompensa delle opere di giusto Potere è essere sempre più il depositario della Forza divina, quella delle opere pure è di essere sempre più liberi dall’egoismo in una immacolata vastità, nella quale tutte le cose si trasformano e si riconciliano nell’eguaglianza divina. Ricercare altra ricompensa significa restare legati ad una ignoranza sciocca e infantile e persino il considerare queste cose come una ricompensa è segno di immaturità e di imperfezione.


E che cosa dire di sofferenza e felicità, sfortuna e prosperità ? Esse sono esperienze dell’anima nel suo addestramento, aiuti, strumenti, mezzi, discipline, prove – la prosperità è spesso una prova più difficile della
sofferenza. In realtà l’avversità, la sofferenza possono essere considerate più una ricompensa della virtù che non una punizione del peccato, poiché sono il più grande aiuto e purificazione dell’anima che cerca di dispiegarsi.
Considerarle semplicemente come il severo premio di un giudice, l’ira di un regnante irritato o persino il risultato meccanico del male significa farsi l’opinione più superficiale possibile dei procedimenti di Dio con l’anima e
della legge che regola l’evoluzione del mondo. E cosa dire della prosperità mondana, della ricchezza, della progenie, del godimento esteriore di arte, bellezza e potere ?

Buoni se possono essere acquisiti senza perdita per l’anima e goduti soltanto come il fluire della Grazia e della Gioia divina sulla nostra esistenza materiale. Ma cerchiamoli dapprima per gli altri o piuttosto per tutti e per noi stessi solo come parte della condizione universale o come mezzo di avvicinamento alla perfezione.


L’anima non ha bisogno delle prove della rinascita più di quanto abbia bisogno di quelle dell’immortalità. Perché viene un tempo in cui essa è coscientemente immortale, consapevole di sé nella sua essenza eterna e immutabile. Una volta che questa realizzazione si è compiuta, tutte le diatribe intellettuali pro o contro l’immortalità dell’anima cadono come un vano clamore di ignoranza attorno a verità che sono evidenti e sempre presenti
[Tato na vicikitsate = egli più non discute].

Il vero, dinamico credere nell’immortalità si ha quando essa diventa per noi non un dogma intellettuale ma un fatto evidente come il fatto fisico del nostro respiro, senza nessun bisogno di essere dimostrato.

Così anche c’è un momento in cui l’anima diventa consapevole di se stessa nel suo movimento eterno e mutevole, allora essa è consapevole delle età passate che costituiscono lo sviluppo attuale del suo movimento, e vede come questo sia stato preparato in un passato ininterrotto; ricorda qualcosa dei passati stati dell’anima, degli ambienti, delle particolari forme di attività che hanno formato il suo modo di essere attuale e sa verso dove si dirige tramite uno sviluppo in un futuro ininterrotto.

Questo è il vero dinamico credere nella rinascita e anche qui cessa il gioco delle domande intellettuali; la visione e la memoria dell’anima sono tutto.
Certamente rimane la domanda riguardante il meccanismo di sviluppo e le leggi della rinascita, nelle quali l’intelletto, le sue ricerche e le sue generalizzazioni possono ancora giocare un ruolo.

Qui quanto più si pensa e si esperimenta, tanto più l’ordinaria, semplice, nuda idea della reincarnazione sembra di dubbia validità. C’è di sicuro una complessità maggiore, una legge che segue un andamento più difficile, una più complessa armonia delle possibilità dell’Infinito. Ma questa è una domanda che richiede considerazioni più lunghe ed ampie, poiché "c’è una legge sottile in esso": Anur hyesha dharmah.

di Sri Aurobindo ( Rebirth, Arya, Novembre 1915 )

La Reincarnazione dell’Anima
Paura della solitudine interiore di j. Krishnamurt...
 

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